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Pretty Vacant Zine (ROCK 'N' ROLL, PUNK, CINEMA, LIFESTYLE)

PRETTY VACANT ZINE (ROCK 'N' ROLL, PUNK, CINEMA, LIFESTYLE)

CHE GUEVARA L'ANTISOVIETICO, IL LATO DIMENTICATO DEL RIVOLUZIONARIO ARGENTINO

Oggi proviamo a parlare del Che in un modo che nessuno fa più, ovvero partendo da quanto ha fatto, da quello che ha scritto, da quello che ha detto. Se fino agli anni 90 Ernesto Che Guevara ha rappresentato un simbolo per una certa estrema sinistra non ortodossa, negli ultimi anni si è assistito ad un tentativo di intrupparlo tra le fila dei rossobruni, dei fascisti (con i patetici tentativi di Casa Pound), e addirittura di certo pacifintismo da parrocchia e viscido papafranceschismo con un debole per i dittatori, per cui forse è arrivato il momento di chiarire bene cosa Guevara fu, e soprattutto cosa non fu.

Con questo articolo non cercherò di appiccicare al Che etichette come "anarchico" o "libertario", in quanto nel pensiero del rivoluzionario argentino fu sempre centrale il ruolo del Partito e l'influenza, seppur venata di eresie, del marxismo, ma il fatto che Guevara non fosse un anarchico non toglie che non abbia risparmiato critiche a nessuno, e spesso lo fece con più spietatezza di molti sedicenti fans di Noam Chomsky.

Sgombriamo subito il campo. Il Che non fu mai un pacifista e sicuramente mai un pacifinto. Esaltò nei suoi scritti "l'odio come fattore di lotta", sostenendo quanto fosse necessario trasformare il rivoluzionario in una "macchina per uccidere" e affermò chiaramente che "un popolo senza odio non può vincere un nemico brutale". Nel suo pensiero è ricorrente l'idea di far saltare la pace agli oppressori, si definì sempre con fierezza "combattente" e "rivoluzionario", e trovò la morte in un romantico e avventuristico tentativo di guerriglia, non certo inciampando in una di quelle marcette ipocrite in stile De Magistriis.

Odiò per tutta la vita la pace tra oppressi e oppressori, e tra questi ultimi, anche se questo è poco ricordato, spesso annoverò anche i leader del socialismo mondiale che trattavano i paesi del Terzo Mondo come sottoposti. "Dobbiamo convenire che i paesi socialisti sono complici dello sfruttamento imperialista. Si può obbiettare che l'ammontare degli scambi con i paesi sottosviluppati costituisce una parte insignificante di quei paesi. E' una grossa verità che però non elimina il carattere immorale dello scambio", e ancora, a proposito di Russia e Cina, "Per noi la sola definizione valida di socialismo è l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Finchè ciò non avviene si è nel periodo della costruzione della società socialista. E se questo fenomeno non si verifica, se la lotta per la soppressione dello sfruttamento ristagna o, addirittura, fa passi indietro, non è legittimo neppure parlare di costruzione del socialismo".

L'astio prima, e l'odio poi dei sovietici verso la sua figura è ormai di pubblico dominio. Dopo il discorso di Algeri del 1965, in cui Guevara denunciò con fermezza il rapporto imperialista dei sedicenti paesi "socialisti" con gli stati africani, una delegazione sovietica incontrò Fidel Castro, e di comune accordo si decise di ridurre drasticamente l'esposizione pubblica del comandante Guevara. Da lì comincerà la parabola di isolamento e scomuniche che lo porterà ad alcuni tentativi fallimentari di "esportare la rivoluzione" e poi alla morte.

A proposito della fine del Che, la vulgata, complice la pubblicazione di libri accomodanti pubblicati da case editrici amiche del regime cubano, si è sempre sottostimata la responsabilità russa, che, ricordiamolo aveva non solo bollato il tentativo boliviano come "avventurismo bakuniniano", ma aveva anche imposto al Partito Comunista Boliviano, fedele alla linea filosovietica, di scomunicare i guerriglieri, impedire qualsiasi collaborazione con loro e invitare alla delazione i propri iscritti.

Uno dei compagni del Che, Daniel Alarcon Ramirez, detto "Benigno", arruolatosi a 17 anni nel gruppo di Camillo Cienfuegos (uno dei protagonisti della rivoluzione cubana, figlio di anarchici spagnoli e sulla cui morte aleggia lo spettro di Castro) per vendicare la morte della moglie 15enne uccisa dai soldati di Batista, pur non sapendo nulla di marxismo, ha fornito molti dati interessanti a riguardo.

Mentre Che Guevara era in Congo, Castro rese pubblica una lettera del rivoluzionario argentino in cui quest'ultimo dichiarava di rinunciare alla nazionalità cubana e ad ogni incarico, chiudendo la porta a qualsiasi possibilità di ritorno del Che a Cuba. Castro, già fortemente sospettato per la morte di Cienfuegos (popolare e amato come il Che), si liberava così di un'altra scomoda ombra. "Il Che prese a calci la radio e urlò: ecco dove porta il culto della personalità! Il comandante aveva scritto la lettera dopo il discorso di Algeri in cui aveva messo in guardia i Paesi africani dall’imperialismo sovietico. Credo che quel discorso fu la sua condanna a morte.", continua Benigno.

Nel 1967 il Che e Benigno troveranno in Bolivia una situazione parecchio ostile. "Scoprimmo che il partito comunista boliviano, per ordine di Mosca, non ci sosteneva. Il Che non era più lui. Sembrava disperato e depresso. Ci lasciò liberi di continuare o rinunciare. Rimanemmo, ma alla fine eravamo ridotti a diciassette, circondati da tremila soldati. Ci dividemmo in tre gruppi e una mattina cominciò la battaglia finale. Il Che fu fatto prigioniero. Lo ammazzarono il giorno dopo. I sovietici consideravano Guevara una personalità pericolosa per le loro strategie imperialistiche. Fidel si piegò alla ragion di Stato, visto che la sopravvivenza di Cuba dipendeva dall’aiuto di Mosca. Ed eliminò un compagno di lotta ingombrante. Il Che era il leader più amato dal popolo. La nostra rivoluzione è durata pochi anni, oggi è una dittatura come quella di Batista."


A questo punto comincia un'altra forzatura  nella sinistra europea, e soprattutto italiana. Senza alcuna prova si imputa la morte del Che a Washington, "alla Cia", "agli americani". Nel 2006 però la declassificazione di alcuni documenti Usa rivelano che la Cia voleva assolutamente evitare che che l'avventura insurrezionale di Ernesto «Che» Guevara in Bolivia si chiudesse con la sua morte. Washington aveva chiesto con energia al governo di La Paz che si facesse in modo di mantenere il rivoluzionario in vita «a qualunque costo» per evitare che della sua morte fosse accusata proprio l'amministrazione americana. In innumerevoli pubblicazioni di estrema sinistra si dà per scontato che l'ordine sia partito dagli Usa, ma nel 2006 si è scoperto, nella sostanziale indifferenza, che gli Usa furono colti di sorpresa da quell'esecuzione. Non avevano avuto alcuna informazione preventiva sulla cattura del Che né avevano dato un via libera per ucciderlo. Anzi, pochi mesi prima, mentre intorno a lui cominciava a chiudersi il cerchio, avevano diramato a un emissario di La Paz un deciso «suggerimento»: «Do everything possible to keep him alive». Come scriverà poi il consigliere speciale per la sicurezza nazionale, Walter Rostow, al presidente Lyndon B. Johnson, "la morte di Guevara è stata una mossa stupida del governo boliviano".


Come ho già detto, Guevara non fu nemmeno un anarchico. E' probabile che non avesse nemmeno una conoscenza così approfondita dell'anarchismo, visto che tra le sue letture piuttosto variegate (in cui a dire il vero non mancarono i testi di Stalin, ma nemmeno quelli di Baudelaire e Trozky che portò con sè nell'avventura boliviana) mancano i classici come "Stato e Anarchia" di Bakunin, gli scritti di Max Stirner o di Kropotkin.

E' vero, però, che ebbe spesso un atteggiamento irriverente verso i dogmi e l'ortodossia, e non ebbe paura nemmeno di pagare queste scelte. Una volta abbandonate le  già deboli illusioni sull'Urss e sul marxismo di stampo sovietico, in una lettera del 1965 all'amico Armando Hart scrisse di non sopportare il "conformismo ideologico che sta prendendo piede a Cuba", nè i "mattoni sovietici che non ti lasciano pensare perchè il Partito l'ha già fatto al tuo posto e tu devi solo digerire la lezione".

Se è vero che la rottura definitiva con l'Urss avvenne con il discorso di Algeri, va segnalato che già alcuni anni prima aveva commentato con amarezza la condizione del proletariato nei pasi del cosidetto "socialismo reale".  Si spingerà al punto di ammettere che  nell'Urss la "decisione economica delle masse, consapevoli del proprio ruolo è stata sostituita da un placebo, mentre le leve economiche determinano tutto. Le masse invece dovrebbero avere la possibilità di dirigere il loro destino." In Occidente però avranno successo solo le serrate critiche al Capitalismo, alla politica degli Usa, alla borghesia internazionale. E sul Che Guevara anti-sovietico calerà un silenzio agghiacciante, imposto dalla stessa sinistra ortodossa che lo aveva disprezzato in vita, per poi farne un simbolo dopo la morte.


Per concludere, Che Guevara non fu mai nemmeno nè proto nè pseudofascista. Tantomeno rossobruno. Non risparmiò critiche all'Urss, nè alla Cina, nè alla Germania Est, per cui non si riesce a immaginare nessun Guevara plausibile che in nome di un fanatico anti-americanismo possa arrivare al punto di fare scelte campiste, tifando addirittura per la reazione. Sebbene eretico e mai ortodosso, ebbe alcuni punti fermi inamovibili, e tra questi c'era la lotta al nemico di classe. Per cui non avrebbe mai avuto nessuna simpatia per Putin.

Con buona pace di Rifondazione e Potere al Popolo, pensare al neozar come a un'incarnazione delle aspirazioni del proletariato suona come una bestemmia e un'onta che probabilmente il non pacifista Guevara avrebbe lavato volentieri con il sangue.

 

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